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F.A.Q.
In alcuni casi di separazione coniugale o divorzio si verifica che i figli rifiutano di frequentare uno dei due genitori, preferendo mantenere i propri rapporti con l'altro genitore. Per alcuni psicologi, assistenti sociali, avvocati e giudici questo rifiuto è provocato dal presunto condizionamento psicologico, o manipolazione psicologica, da parte dell'altro genitore; a questo presunto condizionamento psicologico danno il nome di alienazione parentale.
In realtà, molto spesso, la causa del rifiuto di un bambino di mantenere la relazione con un genitore è proprio il comportamento di questo genitore verso i figli; il fenomeno del rifiuto della relazione si osserva comunemente in tutte le famiglie, anche in quelle non separate. Basta un rimprovero, una punizione, e i bambini mettono il broncio e rifiutano di avere a che fare con il genitore che li ha rimproverati o puniti. La protesta del bambino dura un giorno, due, poi genitore e figlio si riappacificano. Ma se rimproveri e punizioni avvengono ogni giorno, se diventano violenze vere e proprie, il rapporto tra il genitore violento e i figli va sempre più deteriorandosi e i figli cercano conforto e affetto nell'altro genitore. È logico, del tutto normale, quindi, che al momento della separazione dei genitori, quando vedono realizzarsi la possibilità di sottrarsi alle violenze, i figli preferiscono rimanere con il genitore che gli dà affetto e interrompere del tutto ogni relazione con il genitore violento.
Per coloro che sostengono il concetto di alienazione parentale le cose non stanno così.
Per loro le violenze o gli abusi sessuali non ci sono mai stati; il condizionamento del minore (cui loro danno il nome di alienazione parentale) è un fatto certo, non c'è bisogno di approfondire la conoscenza del caso per cercare altre possibili cause del rifiuto del bambino, anzi, ragionano così, il fatto stesso che il bambino esprima il rifiuto verso un genitore è la prova che è stato condizionato dall'altro genitore.
Questo modo di ragionare è profondamente sbagliato sotto diversi aspetti.
Per prima cosa non si può scambiare la conseguenza (il rifiuto) di un fatto (il condizionamento) per la causa di quel fatto; per la semplice circostanza che il rifiuto può essere la conseguenza anche di altro, per esempio del comportamnto violento del genitore rifiutato. Nel processo vanno analizzate queste due possibili cause del rifiuto, vanno cercate le prove sia del presunto condizionamento sia della presunta violenza.
Per fare un esempio pratico che forse aiuta a chiarire questo concetto, prendiamo un automobilista che provoca un incidente stradale. La guida in stato di ubriachezza è sicuramente una della cause degli incidenti stradali, come lo sono l'alta velocità, la distrazione, la strada scivolosa, la scarsa visibilità, un malore alla guida, ecc. Ma nessuna persona di buon senso concluderebbe che l'automobilista che ha causato l'incidente stradale fosse in stato di ubriachezza per il solo fatto di aver causato un incidente stradale. L'eventuale stato di ubriachezza di chi guidava va ovviamente dimostrato, provato (etilometro, alcolemia, cc.).
L'incidente stradale non è la prova della guida in stato di ebbrezza ma è la sua eventuale conseguenza. Analogamente, il rifiuto non è la prova del condizionamento ma la sua possibile conseguenza; ovviamente può essere conseguenza anche di altro, per esempio della paura che il bambino ha verso il genitore violento o abusante.
Non si può, quindi, concludere con certezza che il bambino che rifiuta un genitore sia stato condizionato dall'altro genitore senza avere le prove che questo sia effettivamente accaduto; né, ovviamente, si può concludere che lo rifiuti per via della violenza, senza avere le prove che in quella famiglia ci sia stata violenza.
In secondo luogo l'affermazione che le violenze o gli abusi sono falsi, non ci sono mai stati, non ha nessuna base logica; ogni giorno si leggono e si ascoltano notizie di violenze in famiglia o di bambini abusati sessualmente; come si fa, quindi, ad affermare che siano false? Bisogna essere davvero sordi e ciechi. Naturalmente, bisogna vedere se nel singolo caso che si sta esaminando è più valida l'ipotesi della violenza o l'ipotesi del condizionamento. Ma per fare questa distinzione bisogna esaminare il caso senza pregiudizi, in maniera lucida e analitica.
A coloro che sostengono a spada tratta il concetto di alienazione parentale mancano proprio la lucidità e la capacità analitica.
Per chi voglia approfondire consigliamo queste letture.